Forse scrivere di quest’esperienza così in ritardo può aver annacquato un po’ i miei ricordi ma per una serie di circostanze solo ora posso e preferisco inserire questo post..
La mia maratona di Boston in 4 atti..
Atto 1: L’attesa.
Visto che qualcuno ha scritto che non sapeva nulla della mia avventura bostoniana confermo che non ne avevo parlato. Non ne avevo parlato perché i contrattempi erano tanti e ci sarei rimasto male… dire che avrei corso la maratona di Boston voleva dire doverne parlare,far crescere l’attesa e,mi conosco,mi sarei “gasato” ancora di più con il rischio di vivere una delusione enorme nel caso qualcosa fosse andato storto… e varie cose potevano andare storte…
I contrattempi non sono mancati,dicevo,ginocchia e tendini sono usciti da Firenze molto doloranti,un fisiatra che ti ripete che “con il tuo fisico avrei scelto tanti sport ma non la maratona”… e poi l’ernia ombelicale che è stato il rischio più grande di veder saltare tutto perché per un guaio di relativa gravità i tempi d’attesa per l’operazione erano di mesi,in alternativa si parlava di qualche migliaio di euro per accorciarli,però sarebbe rimasta la convalescenza di qualche settimana che si andava ad aggiungere ad uno stop che aveva già superato il mese… qui ho valutato a lungo di sondare se c’erano i margini per annullare tutto e rinviare ad un altro anno ma,tra un chirurgo e l’altro,ho trovato quèllo che mi ha detto “corri e la tocchiamo solo se si risveglia”,”però ricordati che questo può accadere e nel caso operiamo subito”… per fortuna non è ancora successo…
Alla fine si è aggiunto il vulcano e il volo cancellato poche ore prima della partenza a causa della chiusura dell’aeroporto di Milano. Vengo avvisato mentre mi sto dirigendo in ospedale dove è stato ricoverato il padre della mia ragazza,bagagli quasi pronti a casa,tanta tensione e preoccupazione, stati d’animo contrastanti,questa volta è proprio andata penso… dopo qualche ora la situazione si tranquillizza,viene dimesso e decidiamo di metterci in viaggio comunque,nella notte,cena veloce,ore di letto zero,in auto direzione Fiumicino,la nostra unica speranza di poterci involare verso Boston. Arriviamo verso le 7,in tempo per completare tutte le pratiche aeroportuali e scoprire che molti altri,come noi,hanno passato la notte in auto… Ormai manca poco e si vola,”forse ce la facciamo”…
Atto 2: Boston,pre-race day.
“..sugli aerei basta essere qualche centimetro sopra il metro e ottanta che si sta già incastrati tra i sedili..” questa la solita considerazione che mi gira per la testa dopo un volo di oltre 9 ore..
Atterriamo a Boston,freddo,vento e pioggia ci danno il benvenuto. Mi aspettavo un clima del genere perché negli ultimi giorni il monitoraggio del meteo è stato continuo,però sentire le folate di vento gelido sulla faccia non aiutano a stemperare la tensione pre-gara e i pensieri si fanno sempre più vorticosi..
Dopo il passaggio obbligato in hotel (veramente ottimo) via di corsa a ritirare i pettorali.. su Boylston St. stanno ultimando gli ultimi aggiustamenti,la tribuna è pronta,il ponte giallo-blu all’arrivo è montato e la finish line degli stessi colori segnala dove avrà inizio il nostro paradiso tra un paio di giorni..
Per completare le ultime pratiche burocratiche ci vuole un attimo,l’expò è molto simile a quèllo di NY,ti vien voglia di comprare tutto quindi opto per non comprar nulla,come tradizione.. maglie,canotte,zaini,cappellini ecc. celebrativi,tutti escono con un ricordo,io penso che anticipare i tempi porti sfiga quindi mi prometto di recuperare qualcosa dopo la gara..
Il fuso e la notte in bianco pesano ma teniamo botta fino a sera per metterci subito in ritmo con il nuovo orario.
Per almeno due giorni voglio mangiare il più possibile italiano,senza pasticciare,per fortuna il North End è nelle “nostre” mani e i finti cartelli che indicano delle ipotetiche Milano,Firenze,Roma ecc. me lo confermano.. Hanover St. e Salem St. sono una lunga serie di ristoranti italiani,in diversi locali posso ordinare senza mostrare la mia ignoranza sulla lingua locale..
La vigilia è tranquilla,ma quì questa coda invernale non molla,non faccio in tempo ad uscire dal Quincy ed infilarmi al ristorante per pranzare che una grandinata aumenta i miei dubbi su alcuni aspetti pratici legati alla maratona..
Ma..”il tempo non lo puoi gestire uomo”…….
Atto 3: La Gara.
Ore 7 appuntamento nella hall dell’hotel,alle 4 meno un quarto sono già in piedi,quando viaggio verso ovest alzarsi presto è meno difficoltoso.. dopo qualche foto ci dirigiamo verso Park St.,da dove partono gli scuolabus per Hopkinton,una bèlla ragazza mi affianca,uno sguardo,un battito di ciglia,è sempre particolare notare come qualche donna si trucchi,stia attenta ai particolari mentre si appresta ad uno sforzo fisico pesante come una maratona. Passano pochi secondi e mi piazza un rutto che avrebbe fatto arrossire uno scaricatore di porto,cambio fila..
Cambio fila e ci guadagno in velocità,in pochi minuti salgo su uno di quei tipici scuolabus gialli made in usa,30-40minuti forse 1 ora,non so quanto dura il viaggio,sonnecchio,facciamo un po’ di fila,però mi accorgo che quando il sole passa tra le nuvole scalda,fin troppo..
Le 2 ore d’attesa volano,facendo due passi nell’high school di Hopkinton,tra una fila e l’altra,non mi siedo mai,il vento picchia ed è freddo ma il sole scalda,secondo me abbiamo guadagnato più di 10 gradi dai primi due giorni bostoniani..
Ore 10:30 lo start,per arrivare in zona partenza c’è una camminata di 10 minuti abbondanti,le griglie sono già gremite,una donna cerca di infilarsi senza pettorale,vestita in maniera bizzarra con un atteggiamento esuberante credo voglia fare una passerella di pochi km,la sollevano da terra e la portano via..
Non so quante volte ho studiato il percorso negli ultimi mesi,quanti volte ho corso nella mia testa questa gara guardando i filmati di youtube,quante volte ho analizzato l’altimetria convincendomi che era fattibile,che tutti quèi saliscendi non erano poi tanto diversi da NY e poi,semplificando,si parte in discesa per qualche km,si spiana fino a Newton dove poi si decide la gara sulle Newton Hills,4 salite tra il 26esimo e il 34esimo,l’ultima la famosa Heartbreak Hill,la collina spacca cuore,superata quèlla la maratona ce l’hai in tasca,anche se poi mancano comunque 8km abbondanti ma molti esperti,molte analisi sembrano darli per scontati quèi km..
Partiamo con qualche minuto di ritardo,se a NY l’ingresso al Verrazzano Bridge è il doppio dell’A1 qui siamo su una via Emilia,tra alberi e boschi.. i primi km sono sempre complicati,tanta gente,impossibile trovare il proprio ritmo e poi questa strada non scende come Firenze o le Terre Verdiane,è un saliscendi continuo,la discesa è spezzata di continuo da brevi salite,qualche gobba,sembrano tanti piccoli cavalcavia.. “dove sono le mie gambe???”
Sarà il fuso,sarà che non mi son seduto mentre aspettavo il via,sarà che ho ancora nelle gambe il viaggio complicato di 2 giorni fa.. 1,2..3 miglia le gambe sono imballate,i muscoli danno fastidio,non trovo il ritmo e la strada continua a salire e scendere..scendere e salire..
“..io oggi il ritmo non lo trovo,prima me ne faccio una ragione e meglio è..”.
Per fortuna la mia testa è in giornata,non vedevo l’ora di correre ‘sta maratona,gioco con qualche spettatore che mi incita,Ashland,Framingham,Natick fino a Wellesley il tempo scorre svelto,non ho gambe,il sole quando si fa largo lo soffro,cerco di non saltare i ristori,non trovo il ritmo che vorrei e ogni tanto penso che più avanti saranno dolori ma i pensieri positivi hanno il sopravvento,queste maratone negli states sono incredibili,il calore e la partecipazione di chi guarda danno una carica difficile da descrivere,devi viverla..
A Wellesley c’è il famoso college femminile,urla e baci in offerta per tutti,se corri questa maratona sai che è uno dei momenti principali,che la caratterizzano,decido di costeggiare le fans in delirio (perché qui si sfiora il delirio al limite del fastidio per le orecchie..),non mi fermo perché non voglio e non posso smettere di mulinar le gambe alla ricerca del ritmo mai trovato,sfioro le loro mani protese,la scritta Italia sulla maglietta ha sempre il suo fascino,il tipo davanti a me decide che un tuffo nella folla vale qualche minuto lasciato per strada,mi lascio la festa alle spalle e mi metto in tasca mezza maratona..
In uscita da Wellesley un cartello annuncia le Wellesley Hills.. la strada fino ad ora non ha praticamente mai spianato “..ma le colline non dovevano iniziare a Newton???”
Nei filmati di youtube queste colline sembravano meno lunghe e,sarà stata la mente annebbiata dalla fatica ma,dovevano essere quattro e,invece,ne ho contate quasi il doppio.. ai bordi della strada la gente è numerosa e calorosa,tante sedie e tavolini da campeggio,si dice che su queste salite e soprattutto sulla Heartbreak Hill molte persone campeggiano già dai giorni precedenti per avere i posti migliori al passaggio dei maratoneti,immagino che vedere il mio fantasma trascinarsi su quèlle rampe sia uno spettacolo che merita una notte in tenda.. detto ciò,trascinerò anche il mio pesante corpo ma sono più le anime in pena che supero che viceversa,combatto con onore,anche se ormai il sole è continuo e insistente,continuo a bagnarmi la testa “..ca**o ieri ci voleva la cuffia!!!”
Avendo perso il conto non so più se ho finito ‘ste salite di m***a o se ne manca ancora qualcuna,la folla urlante e una bionda in bermuda con un cartello in mano ed una radio che “pompa” musica a tutto volume mi indicano che questa rampa infinita che mi stava massacrando era la temuta “Heartbreak Hill”,dall’altro lato un tipo con una birra in mano mi fa un cenno e mi scrive su un altro cartello che i Red Sox sono avanti 6-0.. più avanti scoprirò che han perso 8-2 quindi quèlla non era la prima birra che si faceva..
Ma ormai il morale è alle stelle,mancano ancora 8-9km,i muscoli delle gambe sono a pezzi ma adesso la strada dovrebbe scendere e la fine di quèlle maledette colline ti regala un senso di sollievo.. “ma quèll’altra gobba da dove salta fuori?!?!?!?” “..e quèlla dopo?!?!?” “ma porc………!!!!!!!”
Ormai siamo a Brookline “ in effetti con tutta ‘sta corsa almeno a New York ci saremmo arrivati..” penso.. inizio ad avere le allucinazioni,sto per andare in riserva,qualche cattivo pensiero inquina la testa “e se facessi un piccolo tratto al passo al ristoro del 24esimo miglio???” ma c’è tanta gente che sembra una tappa del Giro,il passaggio al Boston College mi toglie ogni malsana idea,un gruppo di energumeni tipo quèlli delle squadre di football che vedi nei telefilm,nota la scritta Italia e mi elegge a loro eroe,devono aver avuto origini italiane,’sta di fatto che con il solo obbiettivo di fuggire da loro cancello ogni cattivo proposito e poi è la Boston Marathon “..ca**o vuoi camminare!! corri,striscia ma vatti a prendere questa medaglia!”
“..però ‘sta primavera inoltrata 24 ore dopo l’inverno è proprio una bèlla rottura di scatole……..”
Una curva a esse in leggerissima salita ed eccoci su Boylston St. “ma come,già qua??? Non me l’aspettavo,non sono pronto,l’aspetto da 9 mesi e ci arrivo impreparato..” guardo in fondo l’arrivo,sono cotto (molto cotto..) ma accelero,sprinto,la gente incita,le loro urla mi spingono,aizzo la folla e ‘sti americani si gasano ancora di più,neanche stesse passando Gebrselassie,i muscoli delle gambe ballano il samba,siamo sul filo dei crampi,l’arrivo non..arriva più,ri-accelero,alzo le braccia,un’occhiata al Garmin e mi accorgo che se lo guardavo prima,magari,sotto le 3h50’ (almeno) ci andavo,fa niente,và tutto bene oggi,è fatta.. “BOOOOSTOOONNN”
Pochi minuti dopo,mentre deambulo a recuperare la mia sacca,una signora mi infila la medaglia “AAAHHH COME GODO!!!”

Considerazioni post-gara.
Ho dato l’anima,non potevo far meglio,ho corso sempre i lunghi ad un ritmo tra i 5’09” e i 5’13” al km fino ai 37km,ma quèsto percorso mi ha massacrato le gambe e correre su questi sali-scendi,in mezzo a tanta gente,non mi ha mai fatto andare in ritmo.
Forse meglio così,avessi avuto più libertà avrei cercato di correre ad un’andatura che mi avrebbe portato alla debacle su un tracciato a cui non ero abituato.
Ho chiuso in 3h50’21” (p.b.) quindi molto sopra quèllo che potevo pensare,pur avendo migliorato di 5 minuti pensavo di migliorare di quasi il triplo,però non ero deluso,sinceramente,sono tutt’ora convinto che su una maratona italiana piatta,quindi niente viaggio,fuso ecc. ,percorso più facile e meno confusione avrei corso al ritmo dei lunghi. Lo so che poi le cose bisogna farle,sono il primo a pensare che è facile parlare poi ci sono 42195 metri da correre,però ne sono convinto e sarà il mio prossimo obbiettivo,non so quando perché non è detto che farò altre maratone nel 2010,ma prima o poi ci arrivo..
Atto 4: il turista medagliato.Finita la gara la primavera e il sole me li posso godere.. sono resuscitato dopo il classico pomeriggio complicato post maratona,cena delle medaglie offerta dal gruppo dove mi scambio impressioni ed emozioni con due ragazzi,Enrica e Domenico,che scoprirò esser amici e compagni di corse di KayakRunner,che bèllo fare i turisti con quèsta medaglia al collo.. Il menù post-gara prevede anche Celtics e Red Sox,la mia Grace mi segue e sopporta.. anche se al TD Garden ha un passaggio a vuoto e mi schiaccia un pisolino durante gara2 dei playoffs Nba e al Fenway Park invece è vittima,come il sottoscritto,del baseball.. “vuoi andare a Boston senza fare un giro al Fenway Park” mi dico,non avevo fatto i conti che una partita di baseball supera le 4 ore tranquillamente,per fortuna i Red Sox vincono 8-7 e la partita è tirata,anche se le pause e lo scarso dinamismo non aiutano a far crescere l’adrenalina.. però abbiamo fatto gli americani,hot dog,patatine,un giro allo store della squadra da dove la Grace esce con una felpa rossa dei Red Sox.. “avevo freddo”..
Il tempo che ci resta lo spendiamo tra il Freedom Trail,il Bostom Common,Newbury St.,Harvard ecc. tutto quèllo che un turista dovrebbe vedere insomma..
Il rientro in Italia ci regala un altro paio di brividi indesiderati,una coincidenza presa al volo e i bagagli che non si trovavano,ma con ‘sta medaglia è tutto più dolce..
Generalmente sono i professionisti a fare i ringraziamenti dopo un risultato ottenuto,io non lo sono ma un paio di grazie devo dirli: al mio vecchio e mia sorella perché senza di loro e al loro apporto fondamentale nel Piacenza-Fiumicino notturno in auto arrivare a prendere l’aereo sarebbe stata un’impresa e alla Grace che mi ha accompagnato in un periodo in cui aveva tanti validi motivi per non staccarsi da Piacenza,rinunciando a del tempo prezioso per raggiungere un suo obbiettivo..
HO CORSO BOSTON!
foto-Terramia