"La montagna, tramite tra cielo e terra, così grande da influenzare la forza di gravità, così piccola da poter essere scalata da un uomo, a patto che abbia la giusta motivazione. Otto sono le vette da scalare nella maratona dles dolomites. Diecimila le motivazioni da confrontare con la montagna. Diecimila come i corpi che attendono l'alba nell'aria gelida dei 1400. La partenza del gruppo ha l'impetuosità di un torrente alpino, impossibile resistere alla sua corrente, impossibile non rimanere invischiati nelle strettoie lungo il suo corso. E il gruppo avanza placido su queste sinuose anse che si chiamano tornanti. Quattro volte si sale nell'aria frizzante dei duemila, quattro volte si precipita alle pendici del Sella, sotto lo sguardo vigile delle balsamiche abetaie. Quattro volte l'enorme ottovolante umano riprende la sua corsa verso il cielo, sempre uguale e sempre diversa. Corni alpini e campanacci rompono il silenzio del drago dalle diecimila anime, che serpeggia diretto contemporaneamente al cielo e all'abisso. Alla fine del primo, colossale girotondo con la montagna, è tempo dei primi bilanci. Non è un caso che i passi del Sellaronda siano quattro come le stagioni, in esse trovano infatti diretta corrispondenza: l'estate breve e fugace del Campolongo viene seguita dal lungo e regolare autunno del Pordoi. Aspro e severo giunge l'inverno del Sella, prima di rifiorire nuovamente nella primavera dell'ultimo dei quattro dal nome floreale di giardino, Gardena! Quattro stagioni, un anno, un'intera orbita intorno al sole, al Sella. Per alcuni il vigore estivo del Campolongo è ormai lontano e decidono di fermarsi a Corvara, all'ombra del gigante, il percorso breve è compiuto. Chi prosegue la marcia conoscerà il lato ostico del Campolongo, la forza iniziale è ormai al tramonto, e l'ascesa inizia ad appesantire le gambe. In vetta si festeggia il commiato dal Sella, nessuno si sottrae al rito, mentre la testa veloce del drago giunge al lontano traguardo ed il suo corpo diviene sempre più esiguo con il trascorrere del tempo. Quando il Sella tramonta nella discesa che da Arabba porta a Cernadoi, si raccolgono le forze per il secondo tempo della sfida con la montagna. Gli indomiti, meglio preparati alla lotta, si lanciano senza paura nella sfida con l'avversario più ripido e terribile, dal nome di gigante, il Giau. Da essa riemergeranno colmi di gloria o masticando amara fatica. Si ricongiungeranno con gli altri sulla duplice cima finale del Falzarego/ Valparola. L'ascesa alla montagna bicefala è lunga e regolare, aspra e infinita per coloro che hanno già dato fondo alle loro energie. Con essi la montagna è implacabile, la scalata può sembrare infinita. Fissarla negli occhi alzando lo sguardo al cielo è un errore fatale, simile alla mitica Medusa essa paralizza lo stremato viandante mostrandogli l'agonia dei chilometri mancanti, stretti nelle spire dei tornanti, infuocati dal sole all'apice della sua gloria giornaliera. L'aria sembra mancare nel silenzio angosciante dei duemila. Uomo e montagna si misurano in una lotta impari: l'eternità della roccia contro la transitorietà umana. I secondi divengono minuti, i minuti ore e le gambe macigni... Poi, alla svolta di un tornante voci festanti giungono deboli dalla cima del mostro, dando speranza ai naufraghi sulle pendici della montagna. Un altro tornante per mutare le voci confuse in allegri cori, il cuore, che vive di ritmi, riconosce il suono della salvezza, e batte in assonanza. L'annuncio della fine della sofferenza è sufficiente a raccogliere il coraggio residuo in un ultimo balzo, e alzandosi sui pedali, si trafigge per due volte la montagna. Le due gallerie, profonde ferite al cuore del mostro, si aprono sull'isola dell'ultima sosta prima del trionfo. Resta la seconda ed ultima testa del mostro, ma il ricongiungimento con gli eroi del percorso lungo ridona linfa vitale al drago, che la supera con un guizzo, ultimo slancio verso il cielo, stringendo i denti verso la picchiata finale. Gli ultimi brevi chilometri che mancano al traguardo oscillano tra gioia e tragedia, luci ed ombre si alternano rapide mentre le gambe tornano macigni. Il rettilineo d'arrivo è la benedizione tanto attesa, un ultima curva e... appare il traguardo, la gioia, la gloria!! Di nuovo all'ombra del Sella il pensiero fugge verso i suoi quattro passi, le quattro stagioni, all'anno che dovrà passare per essere nuovamente nella pancia del drago, tornare ad essere una delle sue diecimila anime, tornare..." Gianmaria Cabrini -professore-
Chiudo con le foto,ne mancano ancora alcune ma penso che non arriverete nemmeno alla fine di quèste.. :D
7 commenti:
Foto incredibili e tu.....Grande!
Grazie Patty! posti splendidi,confermo,ma si sapeva.. ;)
Posti fantastici...ci andrò tra pochi giorni in vacanza...magari trova la pietra dove hai scritto il tuo passaggio:-))
Grande gara e l'arrivo con il tuo amico non ha prezzo!
ciao
Kikko quèlla scritta era già presente,non è opera mia... ;) a dire il vero non mi sarei mai permesso di scrivere con un pennarello..
Comunque sali a 3000 sul sass pordoi,girati verso il piz boè e inizia a camminare.. ;)
Bhè...in effetti non è bello scrivere in giro...comunque salirò sicuramente sul sass pordoi e poi ti dirò...ciao mitico;)
La storia delle 4 stagioni colleggata ai 4 passi non la sapevo..comunque continuo a tornarci immancabilmente tutti gli anni sia quando le vette sono di bianco vestite sia quando boschi danno il meglio del loro verde
Bèlla Kris,se solo sapessi sciare,anche d'inverno deve essere uno spettacolo.. La storia è opera del mio socio.. ;)
Ciao Kikko,buone vacanze!
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